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iv - capitoli 107

     Né pur la ricompensa de’ miei danni
non le dimando, ma per un sofferto
ch’abbia per lei, soffrir vuo’ mille affanni.
     E s’uom mai s’esaudí che si sia offerto
35poner la sua per l’altrui vita, come
quel Curzio che saltò nel foro aperto;
     e Decio e il figlio del medesmo nome,
che tolse de la patria tremebonda
sopra li omeri suoi tutte le some;
     40o Patre eterno, i miei prieghi seconda;
fa’ ch’io languisca e che Madonna sani;
fa’ ch’io mi doglia e torna lei gioconda.
     E se morir ne dee (che però vani
sieno li auguri), di morir per lei
45supplico e al ciel ne lievo ambo le mani.
     Io, perché esser ancora non potrei
messo all’elezion, messo al partito,
che fu giá un Gracco, e un re de li ferei?
     Son ben che ’l miglior d’essi avria seguito,
50quel che a far per Cornelia gire a morte
non bisognò se non il proprio invito.
     Odiosa fu la tua contraria sorte,
ingratissimo Admeto, che, alli casti
prieghi inclinando, la fedel consorte
     55morir per te nel piú bel fior lasciasti.