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NOVELLA LVII

Gabriele di Roscuni da Como, avendo in gioco e lascivie consumato el suo, se dote de la fortuna, e a suo conforto gli è decto abia pazienzia, perché sono effecti de stelle. A le quale per dispecto mostrando el tondo, inopinatamente e cum aqua fredda è tutto bagnato; dove poi, essendo molti anni stato fuori de la patria incognito, cum pietá e onor , da li suoi è recolto, e optimo astronomo diventa. Credo, amplissimo conte, unico signore e singulare benefactore mio, spectatissimi gentilomini e voi pudicissime e generose donne, debbiate avere inteso che la famiglia di Roscuni, de nobilita de sangue e splendore de richezze, de potenzia, de stato e de numero de omini, sia stata giá sono molti anni e sia de presente la piú chiara e la piú illustre de Como, cita de Lombardia ed egregia colonia de’ romani. Ne la quale famiglia, fanno pochi anni, se trovò, come credo che oggi se trovi, Gabriele, nato de misser Francuzzo, dignissimo cavaliere e conte de Belenzona; el quale, essendo educato in molte delicatezze, come vederne qualche volta alevare li figliuoli de’ conti, baroni e magnati, cum extrema vergogna ed infamia loro, de sapere qualche grammatica in fuori, a le quale dette pur da fanciullo qualche opera, crescette in studio de gioco, de gola e de cative femine. Il che glie fu facile cosa ad acquistare, perché, in casa del padre usandose giocare, cussi Gabriele, assuefacto in quello, ne la gola poi e ne la luxuria, fetidissimi vizi suoi germani fratelli, se precipitò. Ne li quali ancora che fusse nutrito e cresciuto, per essere de la famiglia che era, tolse per moglie madonna Elisa, figliuola de misser Aloise Guasco, nobilissimo cavaliero de Alexandria de Lombardia, savia, bella e costumata quanto altra alora in Como o in Alexandria se trovasse. De la quale avuto giá lui uno figliuolo maschio, nominato Octaviano, el conte misser Francuzzo suo padre, come piacque a Dio, passò de