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a pena ci è stato luogo da riporvi la memoria del bene procacciatomi novamente da la prudente sollecitudine di voi, che séte la curiositá de l’amicizie e l’amorevolezza de Lamico; onde vi obligate le genti nel modo che vi sono obligato io, che prego Cristo che mi dia facultá da potervene mostrare una di quelle gratitudini ch’io debbo. Intanto vi piacerá, poi che in mio nome averete ringraziato don Luigi e il signor Idiagues circa il dono dei ducento scudi, che, mercé loro, mi ha fatto la Maestade Sua, di dare a la sola, a la cortese e a la santa bontá di tutt’ e due la lettera che umilissimamente mando a lo imperadore Carlo quinto. E, caso che il merito de la efficacia di lei, annunciandomi però i predetti rifugi de le mie speranze, non mi impetri il supplimento del pane, che mi manca, delibero di non toccar piú penna. Di Vinezia, il 29 d’aprile 1541.

DXCIII

A MESSER LODOVICO DOMENICHI

DA PIACENZA

Gratissimo delle lodi che in prosa e in rima ha voluto far di lui il Domenichi, sa di non meritarle. Essendo proprio degli uomini, che altri desidera di conoscere, mercé d’alcuna lor particular virtú, lo scemarsi con il difetto de la presenzia la somma de la istessa fama, io teneva per fermo che quella oppenione, che, nel dare a intendere a la bontá vostra ch’io fosse qualche cosa, pur vi indusse a visitarmi, vi avesse in tutto cancellato da l’animo la memoria de la mia forma e del mio nome; e tanto piú l’ho creduto, quanto meno è in me splendor d’ingegno e grazia di aspetto. Ma, da che per voi si frequenzia d’onorarmi e con la eleganzia de le lettre e con l’altezza de le rime, sono isforzato a dire che ciò sia umanitade vostra e non riputazione mia. Onde ne ringrazio