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chiaro grado e di singular merito, ond’è degno d’ogni grazia, aiutate me, favorendo lui, ché è meno di me stesso quel tanto che voi avete di me medesimo.

Di Vinezia, il 23 di maggio 1542.

DCCX

A MESSER PIERO DAL MEDICO

Loda la liberalitá dell’amico e vanta la propria prodigalitá, la quale sembrava eccessiva perfino al prodigalissimo Giovanni dalle Bande nere. Perché non è la bellezza de t’animo, che ognor dimostrate inverso di me donandomi, nel petto di coloro che possono tanto piú di noi quanto voi potete meno di tali? Certo, saria di gran prò al mondo, se la miseria dei principi si trasformasse ne la liberalitá vostra. De la bontá non parlo, perciochc sarebbe troppo, se fusser larghi e ottimi insieme. Io, per me, credo che la cortesia tenga de la spezie de le gioie, la cui eccellenzia viene da origine strana, incognita e deserta. Penso anco che Poro medesimamente abbia consimile nativitá, e però le sue minère sono in luoghi inculti, orridi e solitari. Ecco: la generositá, con tutta la perfez/.ionc de le sue magniticenzic, abita nei cori ignobili, e in quegli si dimostra con piú maggior forza che ne le menti dei re. Di memorabili atti, di gloriosi gesti e ili supremi exempi si veggono uscire da gente senza titolo, senza cognome e senza grado. E io, per me, non cedo a qualunche imperador si sia nel fatto del tener per nulla ogni grandissima grandezza; e, mentre spregio ciò che altri pregia, son pregialo dal disprezzamento de le cose ch’io non istinto. Non vi vo’ dire altro. Il signor Giovanni de’ Medici, spirito de le magnanimitá, affermò in Piacenza al singular Francesco Guicciardini che solo io, circa lo spendere, avendo il modo, metteria paura a la prodigalitade sua. Ma sará forse un di ch’io ristituirò a voi, persona gentile e buona, ciò, che di continuo mi presentate, con doppia usura; non restando intratanto di darvi licenzia che