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non pur vi largisce la palma di se stessa, ma conferma che meritate di signoreggiar ciascuno e di essere ognuno, da che, cinto dagli estremi di tutte le difficultá, ognun foste e per ciascun militaste. Per la qual cosa le tenebre di si fatta impresa sono i lumi accesivi da la gratitudine di Cristo inanzi al conspetto de la fama, acciò si vegga in eterno la perfezzione del rettor del suo culto e del defensor del suo popolo.

Di Vinezia, il 15 di genaio 1542.

DCXLVIII

AL CONTE LODOVICO RANGONE

Circa il matrimonio che Paolo terzo propone al Rangone. Da che voi, signore, circa il caso del matrimonio, che Sua Santitá tenta di far con voi, ricercate il parer mio, dicovi che ne consultiate con l’onesto in assenza de Lutila, peroché chi si attiene al suo parere non erra mai.

Di Vinezia, il 20 di genaio 1542.

DCXLIX

AL CONTE DI MONTE L’ABATE Imbasciator d’Urbino. Riferisce le lodi compartite pubblicamente al Montelabate dal marchese del Vasto e dell’Annebaud. Tosto che il pensiero, figliuolo de la mente e fratei de l’animo, mi accumula ne la memoria le fantasie de lo ingegno, la volontá, ch’io ne tengo, corre per laudarvi, o signor Gian Iacopo, con quel moto che corrono al mare Tacque generate dai vapori che exalano ne le concavitá de la terra. Ma, perché le virtú,