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DCXLVII

A LO IMPERADORE

Anche l’esito infelice della spedizione di Algeri ridonda a gloria di Carlo, il quale ha avuto cosi modo di mostrare che nemmeno le sventure gli fanno perdere la sua fermezza di animo. Io mi congratulo con la inclita Maestade Vostra del fatale esito d’Algieri; e ben debbo io congratularmene, poiché negli accerrirni sinistri di si fiero caso si è mostro dal gran valor di Quella che un core, come il suo, prestante non può essere infelice. Onde il supremo del sacro nome del massimo Carlo è diventato una maraviglia, che terrá il mondo in continua ammirazione. E, perché il combattere per il grado de la fede è piu degno che il pugnar per la gloria de lo imperio, vi si dedica da le genti ogni insegna d’onore, ogni premio di virtú e ogni monumento di laude. Ma egli è pur vero che in si tremendo frangente avete in modo vinto le cagioni che non vi lasciar vincere, che vi è stato vittoria. E ciò testimonia la somma de la fortezza, di cui séte colonna: imperoché ella, ristrettasi coi presidi de le eroiche virtú di voi, non solo messe orrore ne lo infortunio, che si credette spaventarvi; ma, raccomandate le dcgnitá imperatorie ai propri vessilli, confuse in un tempo il tradimento de la sorte, la crudeltá de la stagione, l’asprezza del sito, la perversitá del cielo, la rabbia del mare, la molestia de la fame, la inconstanzia de lo essercito e il furor dei ni mici E. perché, nel rompersi d’ogni cosa, sol l’intrepido de l’animo di Cesare si rimase intero, fino a le lingue de la invidia confessano che la vera vostra fortuna è l’essere di voi medesimo. E, per piú crescervi il pregio de la riputazione, la pazienza, maestra di ciò che si dee far per far bene, stupida de la prudenzia, de la modestia, de la discrezione, de la diligenza, de la mansuetudine, de la caritá e de la sinceritade, con cui consigliaste, sopportaste. comandaste, operaste, conversaste, governaste e isperaste,