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la mente due contrari strani: l’un è proceduto dal torto che in ciò si dice che mi faceste, e l’altro è causato da l’amore che ci siam portato lungo tempo. Talché il mio animo, agi tato or dagli stimoli di quello e or dagli affetti di questo, ha penato fino adesso a far si che il dritto de l’amicizia superi la ragion del disdegno; onde ne séguita che io vi debba amare piú che io non pensavo odiarvi. Ma, per tornar al caso, dico o che è vero ciò che vi è suto aposto, o no. S’egli è veritá, la mia bontade vi fa un presente de la ingiuria; s’è bugia, ringrazio Iddio che mi fa grazia a crederlo. Onde accetto ogni scusa che sopra ciò avete fatto col capitano Giambattista còrso, e, accettandole, mi vi ristituisco con quel zelo fraterno che ci congiunse insieme, quando il Cardinal che fu Clemente, compresa la caritá de la conversazion nostra, nel seguitarlo noi, faceva sempre consegnarci in un medesimo alloggiamento. Talché le tante e tante volte, che in uno istesso letto e a una propria tavola aviamo e dormito e mangiato, non han sofferto che lo interesso di cotal perdita mi cancelli dal petto la memoria de la benivolenza antica. Piaccia ora a Cristo che l’atto del riconciliarci penetri nel cor vostro col fervore che è penetrato nel mio. Di Vinezia, il 22 d’ottobre 1541.

DCXXXV

AL FIRENZUOLA

La lettera del Firenzuola gli ha suscitato un modo di ricordi: la baia data al Trissino, madonna Camilla Pisani, il Bagnocavallo, Giustiniano Nelli. Quanto sono dolci al ricordo gli anni passati insieme con l’amico a Perugia, a Firenze e a Roma! Nel veder io, messer Agnolo caro, il nome vostro iscritto sotto la lettra mandatami, lagrimai di sorte, che Tuoni, che me la diede, fece scusa meco circa il credersi di avermi arrecato novelle tanto triste quanto me l’aveva portate buone. Ma, se il ricever carte da voi mi provoca a piangere per via d’una