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fra noi senza goderci. Ma, essendo di mio dovere il cominciar a indrizzarvele, risolvo meco di far la lor data a nome di tutti due, conciosiaché non mi par lecito di diseparare per via de le carte quel che si è congiunto per mezzo dei cori. Non dee la varietá del titolo distinguere l’unitá de la conversazione, facendo parer due di ciò che la benivolenza vói che sia uno. Voi, mercé de la consimile convenienza de la complessione dei costumi e degli studi, séte si conformi di volontá, che par che i vostri animi sien nati gemelli ; onde convenite nei pareri de le cose, non.altrimenti che se voi osservaste lo intrinsico intento d’uno istesso genio. Intanto le caritá de l’amicizia vostra vi tengono piú stretti che le funi del sangue la fratellanza altrui ; talché chi vi mira, vede l’uno ne l’altro e l’altro ne l’uno. Ma, perché «amore» è parola cara e preciosa, e «amicizia» voce dolce e veneranda, non formate mai voce né dite parola, che non sia teneramente amorevole e fervidamente amicabile. Oltra di ciò, nel seguitare Iddio col piè de la mente, vi dimostrate agli uomini d’ingegno acuto, di giudizio grave, di memoria felice, di dottrina suprema, di bontá vera, di prestanzia singulare e di fede stabile. Ma, perché, doppo quel che doviamo a Cristo, si dee tutto operare in prò de la patria e in lode di se stesso, non mancate di rivolgere i discorsi de la mente e gli essercizi de lo ingegno a la essaltazione di quella e agli onori di questo. E, perché molte cose son da dire e non da fare, altre da fare e non da dire, alcune da non dirle e da non farle, non preterendo punto il decoro de la nobiltá, lasciate ciò che non si dee tenere e tenete quel che non si dee lasciare. In cotal mezzo la concordia, con cui il core vi amministra la comune anima, è uno essempio di quella amistá inviolabile trovata da la natura per rifrigerio de le sue umanitadi.

Di Vinezia, il 9 di giugno 1538.