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CCCXL

AL RE FRANCESCO

È un gran principe di certo, ma troppo buono. Usi per ora un po’ d’astuzia, e poi potrá essere magnanimo senza alcun danno. La fortuna, ch’ormai teme tanto la frequenzia del senno, del valore e de l’ardir vostro quanto la perseveranza de le genti, de l’armi e dei tesori ch’avete, confessa che la tarditá de le vittorie, che dovrebbon tosto parturir l’imprese che pigliate, nasce da l’immenso de la bontá che vi amministra il petto: onde le sue dolcezze vi confondono il giusto de l’animo, il perfetto de la ragione e l’intero del consiglio, talché peccate (da che la lealtá dei tempi nostri è la malizia del mentire) a non cangiare ordine e a non mutare stile. Voi, per ubidire al reai de la propria natura, trattate sempre cose facili, pure e aperte; e, tenendo aperte, pure e facili le menti di coloro i quali sanno che la larghezza de le vie fan volontarosi gli uomini di passeggiarci, vi lasciate da la fizzion degli accordi diffraudar continuo qualche corona dei trionfi. E, quel che è peggio, per isinarrirsi nel gran campo di detta bontá la maggior parte del giudicio, di che sete colonna, non vi è concesso di venire a un termine, che, per opra d’una salda pace, vi acqueti le ingiurie, scordandovene, o che, per via d’una ferma guerra, ve le vendichi, rammentandovene. Ecco: il religioso costume dei vostri predecessori, che vi fa consentire a le richieste dei pontefici, non vi lascia scorgere in che modo le lor lingue di mèle, mosse dai cori d’assenzio, sono simili a le passioni de le temine, le quali hanno in un occhio pianto di duolo e ne l’altro lagrime di insidie. Ma, se temperate il soave del vostro esser o’.timo con lo accuto de l’avertenza e, accostandovi a l’arte d’oggidi, vi appigliate al primo grado de la sapienza, col voler pur discerner il vero dal falso, dimostrarle al mondo che potete e sapete vincer piú principi con la spada che non avete