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CDLVII

A MESSER ALESSANDRO PESENTE DA VERONA

Lo ringrazia di tutto ciò che ha fatto per lui presso Bona di Polonia, si scusa delle goffaggini commesse a quella corte dal suo gondoliere Paolo, ed è lieto di possedere due medaglie ritraenti la regina e il Pesente. I debiti, che l’uomo ha con le persone magnifiche, sono crediti, percioché la generositá de le genti splendide tien piú obligo con quegli i quali si prevagliono de la sua gentilezza, che non tengono i sodisfatti dai benefici ricevuti da lei. Per la qual cosa non isforzarò con lunghezze di proemio la mia gratitudine a ringraziarvi del favore fatto costi, in Cracovia, al mio messo; ma dirò sinceramente che non diffraudate punto il soprano del nome che tenete. Chi vói informarsi del senno e del valore del principe, guardi la bontá e la discrezione de le sue famiglie. Come altri trova in una corte gentiluomini e vertuosi, può molto bene lodare quello che ne è signore; peroché, dove è nobiltá e virtú, è cortesia e ragione, e dove si scorge il cortese e il ragionevole, si puote sperare ogni grazia e ogni riputazione. Veramente, in far giudizio de la valorosa prudenzia de la reina di Polonia, basta la benignitá, che io, che mai non vi viddi, ho trovato in voi. Certo la Serenitá Sua non regge con meno ordine la casa che il regno. Ben veggo io che l’Altezza di cotanta donna non alza alcuno che meriti di star basso ; percioché un simile, asceso in grado, è come il torrente piccolo per natura, il quale, ingrossato da le piogge, move con piú furore che il fiume grande per se medesimo. Non è bugia che i pari vostri costringano gli uguali a me a predicare il nome dei re loro. Il costumato, il leale, l’onesto e l’ottimo di v.oi mi accende l’animo inverso gli onori di Sua Maestá. Dicono i messeri Alessandri ai padroni, che gli ascoltano: — Date ai si fatti e ai cosi fatti; —ma gli asini dorati, che salgono da le stalle