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riputandolo per dono di felicitade e per grazia di fortuna. Il giovane vi porta non so che libro, nel quale, leggendo, trovarete, non la memoria ch’io per debito e per caritá debbo e voglio far di voi, ma una nota del conto ch’io faccio de l’amor dimostratomi da la gentilezza di Vostra Signoria, la cui nobiltade ha preso la possessione di tutto quel ch’io sono.

Di Venezia, il 7 di genaio 1538.

CCCXXXI

A LA MARCHESA DI PESCARA

Non è colpa sua, ma dei principi, se egli, per vivere, è costretto a trattare argomenti osceni a preferenza dei sacri. Piacenti, modestissima signora, che le cose religiose, ch’io ho scritto, non dispiacciano al gusto del vostro buon giudizio; e il dubbio, nel quale séte stata, circa il dovere lodarmi o dislodarmi per ispendere lo ingegno in altro che in lezzioni sacre, è sentimento de l’ottimo spirito di voi, il quale vorria che ogni parola e ogni pensiero si voltasse a Dio, per esser Egli il datore de le virtú e degli intelletti. Confesso che mi faccio meno utile al mondo e men grato a Cristo, consumando lo studio in ciance bugiarde, e non in opere vere. Ma d’ogni male è cagione la voluptá d’altrui e la necessitá mia. Ché, se i principi fussero tanto chietini quanto io bisognoso, non ritrarei con la penna se non Misereri. Eccellente madonna, tutti non hanno la grazia de la divina ispirazione. Essi ardono sempre de la concupiscenzia; e voi abbrusciate ognora del foco angelico, e sonvi gli uffici e le prediche quel che sono a loro le musiche e le comedie. Voi non volgereste gli occhi a Ercole ne le fiamme, né a Marsia senza pelle ; ed essi non terrebbero in camera san Lorenzo su la grata, né lo apostolo scorticato. Ecco: il mio compar Bruciolo intitola la Bibia al re, che è pur cristianissimo, e in cinque anni non ha avuto risposta. E forse che il libro