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in ciascuna, per quanto era possibile, la data e il destinatario genuini, e quei brani o parole, che soltanto ragioni d’indole pratica avevano potuto indurre l’A. a mutare o sopprimere. Di regola, perciò, ho seguito la A/ 1 , della quale ho riprodotte tutte le lettere, guardandomi bene, tranne che non si trattasse di spropositi tipografici evidenti, dal correggerne o unificarne la contraddittoria grafia, per non ingolfarmi in una via assai pericolosa, che finisce sempre, per quanti sforzi si facciano in contrario, col condurre diritto all’arbitrio. Ma dalla AP ho creduto poi potermi allontanare senza scrupolo, quando la AP offrisse o una lezione meno scorretta, oppure giunte o modificazioni letterarie troppo importanti, da poter essere attribuite ad altri che all’A. Anche qui, scendere a particolari minuti è superfluo, giacché, ripeto ancora una volta, il lettore potrá agevolmente trovare tutto ciò che gli occorre nelle varianti, aggiunte qua e lá a piè di pagina. Le quali avrei potute accrescere di parecchio, se avessi tenuto conto anche di bazzecole di scarsissimo o di nessun interesse; ma ho preferito ridurle al puro necessario, sia per non ingrossare soverchiamente la mole del volume, sia anche perché mettermi a fare il pedante proprio in un libro, in cui si predica quasi in ogni pagina la guerra santa contro la pedanteria, m’è parso, oltre che ridicolo, poco riguardoso verso l’autore. Non mi resta se non a render conto dei pochi casi, in cui, per necessitá di cose, ho dovuto allontanarmi e dalla AI { e dalla AP. Anzitutto, nell’ordinamento del volume ho voluto rispettata scrupolosamente la cronologia. Non solo quindi ho corrette alcune inversioni, che, accadute nella AP per la fretta, si perpetuarono poi anche nella AP\ non solo ho collocate al loro posto cronologico la lettera al Gritti (xx) e quella al Vasari (lxix), lasciando, per altro, in capo al volume la dedica al duca d’Urbino; non solo ho separato dal resto delle lettere e riunite in un’appendice le dedicatorie varie, facendole precedere dalla lettera del Franco, che nella AP ne spiega l’inserzione; ma ho escluse a dirittura dal volume, rimandandole tutte al secondo libro, le venticinque lettere aggiunte nella AP. In secondo luogo ho creduto utile, anzi necessario per evitare equivoci e continui intoppi nella lettura, unificare due soli dei tanti doppioni, che, nelle forme verbali, s’incontrano nell’A. Vale a dire, egli, oltre a parecchie altre anomalie, comuni del resto a molti cinquecentisti, e che ho tutte rispettate (p. e. la desinenza P. Akktino, lettere - 1. j8