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procacci un di legno, s’io voglio cavalcar per queste acque. La Eccellenza del vostro cugino mi ha donato giá due cavalli, un moresco e un turco, i quali sono stati di molto pregio: cosi mi penso che sará questo. Come si sia, io ve lo do volentieri ; perciò volentieri il prenderete. E, quando pur vogliate rendermene il contracambio, spettate che io de qui mi parta, e rendetemelo con un altro cavallo. Ma certo starete assai a rendermelo, perché l’animo mio è di starci sempre, ché è pazzo chi non sa vivere in paradiso. Se io avessi saputo che qui si potessero tener cavalcature, io ci menava Tubino che io ho donato al marchese, non tanto per memoria di papa Clemente, che me lo diede, quanto per la bellezza sua. Ma, intendendo io che questa terra era miracolosa, poteva pur credermi che una chinea ci potesse stare miracolosamente; ma ella è ben locata. Si che a Vostra Signoria mi raccomando.

Di Venezia, il 8 di giugno 15*8.

XI

A MESSER GIOVANNI GADDI

Lo ringrazia del dono di certa tela d’oro tessuta di giallo, e allude all’avara superbia di Clemente VII. Il corriero, che porta le lettere dei mercatanti fiorentini a quelli che negoziano qui, mi diede la tela d’oro tessuta di giallo, che pur mi voleste mandare, la quale è opera ricca e bella. E se vorrebbe che non fusse bella e ricca, sendo cosa di voi, che séte ricco e bello! Ma dove se udi mai piú che uno, a pena vestitosi l’abito di prelato, cominci a dare e non a tórre? Io stupisco piú di ciò che di messer Giulio dei Medici, diventato superbo pontefice, di umile di Rodi cavaliere. Onde prepongo la bontá con cui nasceste e l’animo con il qual vivete a tutte le bontadi e a tutti gli animi, poiché il tòsco non vi avelena e la peste non vi amorba. Insomma io credo che le cose