Pagina:Aretino, Pietro – Il primo libro delle lettere, 1913 – BEIC 1733141.djvu/235

a corrermi a casa, per udire i suoi detti e per veder la sua mano. E, pur manzi che mi fusse dato, la maggior parte de le persone l’aveva voluto guardare il soprascritto, mentre andava in processione come reliquia. Veramente io mi sono rintenerito fuor di modo, udendo il suono del puro, del dolce e del casto fervore, con cui mi aprite il petto del sereno animo vostro, acioché io vegga la generosa accoglienza che avete fatto a l’amicizia che con voi si ha procacciata la mia servitú. Né mi curo d’altri beni, né gli cerco, né ci spero; anzi dirò sempre d’aver conseguito ogni grado e ogni facultá, avendone ritratta una risposta de l’onorato Alamanno, la quale mi sará perpetuo nutrimento a le fami del nome. E forse che ciò che mi dite e quanto mi promettete di fare, non è candidamente e detto e promesso? Infine la bontade è una scienza che ábbita ne la vertú de la natura istessa, e al merito, che la fa tale, danno luogo tutti gli altri onori ; e, se mai fu perfetta in uomo reale, è perfettissima nel cor vostro, né la può appannare nuvolo di impaccio alcuna. E perciò s’è voltata ad abbracciare i miei voti, i quali in ogni occorrenza si voltaranno a voi, che séte lontano da ogni fraude e da ogni superbia. Or, perché io non posso basciarvi la mano e la fronte se non con la volontá, con la sua bocca vi bascio l’una e l’altra. Cosi fa il buon Varchi, che è qui meco ne lo studio, e hammi voluto serrar questa riverentemente, per andar ella al suo padrone e mio.

Di Venezia, il 12 di settembre 1537. CLxxxvn A MESSER UGOLINO MARTELLI Complimenti. Se le vostre parole, spirito pellegrino, non me ne facesser fede, difficilmente potrei credere che il mio nome, che non ha fiato da respirare, fusse stato da tanto, d’aver saputo agiugnere a le altissime orecchie del gran Vittori, la cui nuova cortesia P. Aretino, Lettere - 1 . 15