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stima ch’io faccio di voi. L’altra è poi con l’avermi comunicato la deliberazione, che fate, di stabilire ne la fermezza dei suoi negozi i vostri denari : onde giudico la savia elezzione degna de l’acorgimento del vostro antivedere. Perché ben sapete che la fortuna è simile a la morte, de la quale non potiamo apostare né l’ora né ’1 punto; e, se mai il mondo fu in preda de le strane volontá, ora ci è, talché niun principe, nonché un gentiluomo, puote piú dire: — Questo è mio. — Non nego che chi si apoggia a lo imperadore non si riposi per sempre; e perciò saremmo pazzi a non confidarci ne la stabilitá del principato de l’Eccellenza di Cosimo, signor nostro. Pur è prudenza di dare un mallevadore agli agi de la vita, assicurando la vecchiezza dal sospetto del patire, di che ella, per difetto de la sua natura, sempre teme. E ciò le aviene per non esser piú atta al guadagno. Or io, che dove ha interesse la veritá non guardo in viso a niuno, vi dico che non potevate imaginarvi opera che vi fusse di piú profitto né di piú onesta riputazione, che di conseguir gli utili, che per suo mezzo volete procacciarvi, per poter piú spendere, e non per farne avanzo. Or mettete in essecuzione la proposta che avete fatta a la capacitá d’una persona, qual è l’uomo vostro; e avertite che egli non si oblighi in altre faccende, onde non vi potesse mostrar l’amor che vi porta e la sollecitudine de la sufficienza sua, per la quale è ricco, onorato e tutto disposto a compiacervi non altrimenti che mi sia io. E, se io vi potessi crescer la benivolenza, ve la crescerei per questa fidanza che volete mostrare in lui, la qual vi prego che non indugiate, piú per grado vostro che per suo. E, se mi avete ne l’animo, come io ho voi, mi farete grazia di scrivermene quattro parole.

Di Venezia, il 2 di settembre 1537.