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144 G. Ricci

Nella prima parte del medioevo è già noto come si cominciassero a costituire i latifondi, specialmente da parte della Chiesa, che, dal tempo di Costantino1, sempre più li andò aumentando nei secoli posteriori. Giovanni Diacono, nella Vita di san Gregorio Magno2, nomina gli ufficiali che quel pontefice inviò ad amministrare i patrimonii. Molti beni poi possedette nei secoli xi e xii, come risulta dal Liber censuum di Cencio Camerario, scritto nel 11923. Questi patrimoni erano divisi in masse, col qual nome s’indicava generalmente una riunione di poderi, e di queste masse abbiamo menzione fin dal vii secolo: così una certa Silvia donò al monastero di S. Andrea al monte Celio, nel 603, la massa Claudiana sulla via Aurelia, «una cum familiis et foeminis in ipso castello [Mola rupta] residentibus»4. L’agricoltura certo non era molto florida, ed il Villari, nell’affermare che in Roma non fu mai una classe di contadini o di lavoratori di terra5, dovette poggiarsi sulla considerazione del tristo stato delle campagne romane nei secoli feudali. Pure, che questa classe non fosse del tutto scomparsa, lo si può dimostrare dando una rapida scorsa ai documenti contemporanei. Il Liber pontificalis ci può fornire qualche argomento: Sergio papa (687-701) donò parecchi beni immobili al prete Giovanni: ed il De Rossi6 illustrò la carta che contiene tal donazione. Vi si legge tra l’altro:

A massa Marulis item ex patrimonio urbano intra hanc urbem Romam domum et hortum . . . positum regione quarta . . . cum horto vineato posito in regione quarta . . . hortum vìneatum iuxta S. Susannam.


  1. Eusebio, Vita di Cost. lìb. II, cap. 39.
  2. Lib. II, cap. 23.
  3. Migne, Liber censuum in Patrol. lat.
  4. Annales Camald. I, in appendice, p. 296.
  5. Op. cit.
  6. Bollett. di archeol. crist. 1870, VIII, 89-112.