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trascrizioni. xlv

altre ripartizioni, che dipendono dal modo in cui esce il fiato nel proferirle. Si possono, per questo capo, dividere le consonanti in tre categorie: 1. le esplosive o momentanee (p, b, t, ecc.); 2. le fricative o continue (f, v, s, ecc.); 3. le nasali (n ecc.); e le consonanti delle prime due categorie ammettono poi la suddivisione in sorde (p, t, f, ecc.) e sonore (b, d, v, ecc). Gli esempj che frapponemmo, convengono forse, in questo luogo, più che ogni tentativo di ulteriori determinazioni fisiologiche circa le tre categorie. Ma il lavoro, che per noi rimane, a ottener le serie compiute e a stabilirne una ragionevole trascrizione, è men facile che forse a prima vista non paja. Facciamo ora di disimpegnarcene, nel più breve e pratico modo, che dai sani principj sia consentito.

Incominciando dalla serie o dall’ordine che suol dirsi delle gutturali, ne abbiamo la esplosiva sorda nel c dell’ital. arca, e la esplosiva sonora nel g dell’ital. porga. La continua sorda manca alla comune favella italiana; e sarebbe lo ch tedesco di lachen (ridere) o lo χ del greco moderno. Occorre però questo suono anche fra gl’Italiani; e qui basti ricordare il c fiorentino fra vocali (la carne), che è appunto la continua sorda che cerchiamo, da noi trascritta per . Ma la teoria domanda anche la corrispondente continua sonora, vale a dire un suono che stia a , così come v sta a f. Questo suono s’ha p. e. nelle sillabe χα e χο del greco moderno, e ricorre anche in più dialetti dell’Italia meridionale. Noi lo trascriviamo per ȷ̓. Della nasale dell’ordine, finalmente, ci occorrono due diverse gradazioni; l’una diremmo il n velare, che è il qual si ode facilmente, in ogni lingua, quando precede a suono gutturale (rango ecc.), e noi trascriviamo per ; l’altra, più profonda, che diremmo n faucale, ed è per es. il n torinese (di cadéna e simili), che si potrebbe trascrivere per ṉ̇ 1.

Passiamo all’ordine che suol dirsi delle palatine. Esplosive pala-



  1. Questa distinzione non è stata introdotta nel presente volume.- E inoltre vi si troverà fatta alla consuetudine italiana una concessione che è per ora inevitabile, e consiste nello scrivere che chi ghe ghi per c gutt. + e, ecc. Non si può domandare al lettore italiano che ce ge gli valgano che ghe; ma d’altronde giova, per evitare ogni incertezza, che si segni il suono palatino in će ǵe ecc. (p e. ǵéner).