— 22 —


— Gente ne passa sempre. Cantanti, impresari, gente da teatro.

Il padrone fissò gli occhi nel fuoco e lentamente, come se arrischiasse una parola, domandò: — È vero che ci torna ancora qualche volta il mio Lorenzo?

— Io non l’ho visto più dopo che ha fatto giudizio.

— Guarda che se gli tieni mano...

— Sor Tognino, che cosa dice?— interruppe con fiera dignità il portinaio, facendo un mezzo giro sui ginocchi.

— Ben, ben... uomo avvisato!... Adesso, metti un altro pezzo di legna sul fuoco e apri bene gli orecchi che ho un’altra cosa a dirti.

Il Berretta obbedì e pensò intanto: — Che cosa avrà ancora questo demonio d’uomo?

Il padrone, dopo essersi un poco fregate le gambe, picchiò colla mano due colpetti brevi sulla spalla del portinaio, e riprese a dire: — Dalla cantina della mia povera cugina sono scomparse dal settembre a questa parte circa trenta bottiglie di vecchio barolo e mancano tre o quattro fasci di legna forte. Io ho le prove in mano che questa roba fu rubata e che il ladro è in questa casa. Sentiamo un po’ che cosa ne sai tu, il mio galantuomo...

— Io, io non so niente — balbettò il Berretta, alzandosi, appoggiando una mano alla pietra del camino, grattando coll’altra i pochi capelli ruvidi. E aggiunse mentalmente questa riflessione: — Stavolta è la Giuditta che ha parlato.

— Allora — ripigliò l’altro, soffiando sulle parole una specie di sorriso ironico — allora se tu non sai nulla, io sono più fortunato di te, perchè so dove