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libro i. 63

     1595Nave aspergendo1 di marino spruzzo.
     Gli eroi gioîro; e Talamon di tratto
     Venne innanzi a Giasone, e nella mano
     La man gli pose, ed abbracciollo, e disse:
     Figlio d’Esón, non mi serbar rancore,
     1700Se imprudente t’offesi. Il duol mi spinse
     A dir cosa arrogante e immoderata;
     Ma diamo ai venti a via portar la rea
     Parola, e noi torniam, qual prima, amici.
E saggiamente a lui d’Esóne il figlio:
     1705Oh! mio caro, d’oltraggio acerbo in vero
     Mi feristi, dicendo in faccia a tutti
     Che traditor del generoso amico
     Io fui. Trafitto di dolor ne stetti,
     Ma non però l’amaro sdegno a lungo
     1710Io serberò; che contra me tu irato
     Non inveisti per subjetto vile
     Di greggia o di poder, ma per un caro
     Compagno nostro; e in caso egual con altri
     Tu in mio favor contenderesti, io spero.
1715Tacque, ed ambo, qual pria, concordi amici
     Si rassisero. I due che dallo stuolo
     Scevri restâr, per lo voler di Giove
     Dovean, l’un (Polifemo) una cittade
     Fondar tra’ Misii, che conforme il nome
     1720Avrà col fiume ivi scorrente; e l’altro
     Riedere in Grecia a consommar le imprese,

  1. Altri traducono in altro senso questo verso, preso il verbo ἔκλυσε da ἑκλὑω, altri da κλὐζω.