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libro i. 31

     Qui d’Etàlide far molte parole?
     Basta ch’ei seppe Issipile co’ detti
     Sì addolcir, ch’ivi a proda a lor concesse
     825Quella notte restar; ma scioglier poi,
     Per ria bufera aquilonar, le funi
     Pur non potero alla vegnente aurora.
Le Lennie donne, alla città tornando,
     In parlamento s’adunâr, siccome
     830Lor fe’ Issipile invito; e poi che tutte
     Fûr congregate, essa così le incita:
Oh amiche, or via! Graditi doni a queste
     Genti mandiam quai si convengon loro
     Seco in nave recar, vivande e vino,
     835Perchè fuor delle mura abbiano tutti
     A rimaner, nè per bisogno a’ nostri
     Tetti venendo, abbian di noi, di nostro
     Stato contezza, e mala voce intorno
     Ne vada poi; chè fatto abbiam gran fatto,
     840E giocondo per certo a lor non fia,
     Se ciò sapranno. Il mio consiglio è questo;
     Ma se tra voi v’ha chi un miglior ne tenga,
     Sorga: qui v’ebbi a questo fin raccolte.
Ella sì disse, e s’assettò nel seggio
     845Marmoreo del padre. Allor Polisso,
     La sua cara nudrice, su levossi,
     Che su i rugosi piè per la vecchiezza
     Tentennante, a un baston tiensi appoggiata,
     Ma gran voglia ha di dire; e alla canuta1

  1. Vedi la nota del Wellauer.