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libro iv. 271

     Rotte schegge scagliando incontro a loro
     Che nel porto Dittèo spinta han la nave,
     Legarne a terra non lasciò le funi.
     Della bronzea radice era costui
     2160(E superstite ei sol), di que’ che nati
     Fûr da frassini in un co’ semidei,
     E in Europa la guardia a lui di Creta
     Giove assegnò, triplice giro in essa
     Imponendogli far co’ piè di bronzo;
     2165Chè di bronzo era desso, in tutto il resto
     Del corpo invulnerabile, ma sotto
     Al calcagno una vena avea di sangue
     Presso alla noce, e una sottil membrana
     Ha il destin di sua vita e di sua morte.
     2170Dal periglio costretti e dal timore
     Tosto i Minii la nave remigando
     Arretrârno, e da Creta ahi! gl’infelici
     E di sete e d’affanno travagliati
     Iti lunge sarian, se a ritenerli
     2175Così ad essi Medea non favellava:
     Date ascolto al mio dire. Io penso, io sola,
     Domar quest’uom, qual ch’egli sia, se tutto
     Pur di bronzo abbia il corpo; immortal vita
     Se non abbia però. Voi fuor del gitto
     2180Delle sue pietre Argo tenete intanto,
     Fin che dall’opra mia domo non cada.
Tanto disse, e al suo detto obbedïenti
     Sottrassero scïando alle gittate
     Delle pietre la nave, attenti a quanto