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libro iv. 225

     Una corrente all’Oceán si volge,
     E ignari i Minii eran già presso in quella
     840Ad entrar, d’onde salvi ritornarne
     Mal potuto avrian poi; ma giù dal Cielo
     Giuno ratta scendendo, un forte grido
     Mise dall’alto dell’Ercinio monte.
     Scossi fûr da quel grido a un tempo tutti
     845Da improvviso terror; chè orribilmente
     Ne rimbombò l’ampio aere; e dalla dea
     Vòlti a retro avvisâr qual del ritorno
     Era ad essi la via. Scòrti da Giuno
     Vennero alfine alle marine spiaggie,
     850E di Celti e di Ligi a molti e molti
     Popoli in mezzo incolumi passando,
     Però che sempre intorno a lor diffusa
     Tenea Giuno a coprirli un’atra nebbia.
     Per la foce di mezzo in mar poi salvi
     855Entrâr presso alle Stècadi per opra
     De’ due figli di Giove; ond’è che altari
     E sagrificii fermamente ad essi
     Furon poi statuiti. E non di quello
     Sol viaggio ebber cura: a lor diè Giove
     860Protegger tutte in avvenir le navi.
     Dalle Stècadi i Minii indi tragitto
     Fêro all’isola Etalia, ove il sudore,
     Onde per la fatica eran grondanti,
     Si stregghiâr con piastrelle, e ancor sul lido
     865Tinte di quel sudor giacciono sparse,
     E dischi ed armi anco di loro, e un porto

Bellotti. 15