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libro iv. 199

     Non han le funi su l’opposta riva,
     105E un salto già dagli alti banchi a terra
     Spiccò Giasone, e Fronti appresso ed Argo,
     Due de’ figli di Frisso. Ella i ginocchi
     Con ambe mani ad essi abbraccia, e dice:
Deh, amici, or deh me misera salvate,
     110E voi stessi, d’Eeta! Manifesto
     È fatto il tutto: ogni consiglio è indarno.
     Via fuggiam su la nave anzi ch’ei salga
     Suoi veloci cavalli. Io l’aureo Vello
     A voi darò, del guardian serpente
     115L’occhio addormendo. Ospite, e tu qua in mezzo
     De’ tuoi compagni in testimon gli dei
     Chiama delle promesse, onde affidata
     Già tu m’hai, nè voler me di qua lunge
     Fuggita, e scevra d’ogni mio congiunto,
     120Render di biasmo e d’ignominia oggetto.
Così con ansia ella pregò. Gli spirti
     S’allegrâr di Giasone, e lei caduta
     A’ suoi ginocchi innanzi lenemente
     Rialza, abbraccia, e sì dicendo incuora:
     125Nobile donna, io per lo stesso il giuro
     Olimpio Giove e per la moglie sua1
     Pronuba Giuno, entro mie case io giuro
     Sposa mia collocarti allor che fatto
     Avrem ritorno alla contrada Ellena.
130Tanto disse, e la destra mano impose

  1. Var. ai v. 125-126. Nobil donzella, io per l’Olimpio Giove,

    Per lui lo giuro, e per la sua consorte,