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186 argonautica.

     Star può d’Eeta. Un ben construtto cocchio
     A lui pronto con celeri cavalli
     Tenea Fetonte; ed ei vi salse, e in mano
     Le redini ne tolse, e fuor si spinse
     1610Della città su la maestra via,
     A veder la gran prova; e gli correa
     Dietro di genti una turba infinita.
     E qual Nettun su ’l carro all’Istmio ludo
     Muove, o a Ténaro, o al suo fonte di Lerna,
     1615O alla foresta dell’Iantio Onchesto,
     Ed a Calavria ed all’Emonia Pietra
     E al selvoso Geresto; era a vedersi
     Tale in contegno il re de’ Colchi Eeta.
Giason fra tanto di Medea gli avvisi
     1620Ben rimembrando, i farmachi stemprava,
     E lo scudo n’asperse, e la robusta
     Asta e la spada. Intorno a lui raccolti
     I compagni a tentar diêrsi quell’armi
     Con tutte forze, e nè d’un punto pure
     1625Valser l’asta a piegar, che assai più salda
     Ne’ lor pugni tenaci anzi si fêa.
     Ma fervido di rabbia Ida contr’essi,
     Il figliuol d’Afarèo, su ’l calcio a quella
     Un fendente scagliò col suo gran brando,
     1630E ripercossa risaltò la lama,
     Come martello dall’incude. Un fremito
     Diêr di gioja gli eroi, fatti più arditi
     A sperar la vittoria; ed ei medesmo
     Giason se n’unse, e gli s’infuse in corpo