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libro iii. 181

     Tornâr salvi scampando alle lor case.
     1465E tu sarai del mio letto consorte,
     E me nulla sciorrà dall’amor tuo
     Pria che d’ombra fatal morte m’avvolga.
All’udir questi accenti il cuore a lei
     Si sciogliea di dolcezza. Agli atri fatti
     1470Pur mirando, che a far, misera, avea,
     Raccapricciò; ma nondimanco a lungo
     Ricusar d’irne in Grecia non potea,1
     Chè mente è di Giunon, che, abbandonata
     La patria terra, nella sacra Jolco
     1475Venga Medea del tristo Pelia a danno.
Stavan le ancelle a riguardar da lunge
     Senza far motto, e lor dolea che l’ora
     Del dì già richiedea nelle sue case
     Presso la madre ritornar la figlia.2
     1480Ed ella del partir non si ricorda;
     Tanto prendea nell’anima diletto
     Dal mirar quel sembiante e dall’udirne
     Quel soave parlar; ma, benchè tardi
     Cauto, Giason sì la ne fece accorta:
     1485Tempo egli è di partir pria che del Sole
     Ne sorvenga il tramonto, e qualche estrano
     Tutto scopra spiando. In questo loco
     Altra fïata converrem di poi.
Lungamente così con dolci detti

  1. Var. al v. 1472. D’andarne in Grecia non potea ritrarsi,
  2. Var. ai v. 1478-1479. Del dì già richiedea che al regio tetto

    Presso alla madre sua torni la figlia.