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libro iii. 177

     Ch’entro la fossa avrai composto, e placa
     1350L’unigena di Perse Ecate figlia,
     Dalla coppa libando all’arnie tolto
     Il lavoro dell’api. Indi, la dea
     Propizïata, dalla pira il passo
     Via riporta, nè sia che a retro il guardo
     1355Volger ti faccia o calpestìo di piedi
     O di cani latrar, sì che d’effetto
     Scema l’opra non resti, e tu ne rieda
     Non orrevolemente a’ tuoi compagni.
     Questo farmaco poi tosto al mattino
     1360Stempra a guisa d’unguento, e il nudo corpo
     Spalmati: in esso è un’infinita forza,
     Un possente vigor; nè agli altri umani
     Esser simìl ti sembrerà, ma pari
     Agl’immortali dei. L’asta e lo scudo
     1365Anco n’ungi, e la spada; indi non fia
     Che di quei dal terren nati guerrieri
     Ti fiedan l’armi, e de’ feroci tauri
     La fiamma impetuosa. Un lungo tempo
     Non però invulnerabile sarai,
     1370Ma solo un dì; nè ti ristar pertanto
     Dall’impreso certame: altro a tal uopo
     Ti dirò stratagemma. Al giogo avvinti
     Quand’abbi i fieri bovi, e col potente
     Braccio e valor tutto quel campo arato,
     1375Se da gli sparsi su le nere glebe
     Anguinei denti pullular ne’ solchi
     De’ Giganti vedrai folta la mèsse,

Bellotti. 12