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libro ii. 115

     Veggono a volo un marzïale augello
     1385Che nell’isola ha nido, il qual dell’ale
     Data una scossa, insù ’l naviglio acuta
     Una penna scagliò, che al divo Oilèo
     Si conficcò nell’omero sinistro.
     Il ferito scappar fuor dalle mani
     1390Lasciossi il remo, e di stupor fûr tutti
     Còlti al mirar di quel pennace strale.1
     Glielo svelse Eribòte, che seduto
     Gli stava al fianco, e del suo brando sciolta
     La pendente tracolla, a lui con quella
     1395Ne fasciò la ferita. Un altro intanto
     Di que’ volanti apparve, e Clizio, il prode
     D’Eúrito figlio, che già teso in mano
     L’arco tenea, scoccò veloce un dardo
     Alla sua mira, e il colse, e roteando
     1400Quel cadde giù presso alla nave in mare.
     Allor disse a’ compagni Afidamante:
     Certo di Marte è l’isola vicina;
     L’avvisate voi stessi alla veduta
     Di questi augelli; ed io sperar non oso
     1405Che a salvarne da lor, quivi approdando,
     Ne bastino le freccie. Altro si prenda
     Util consiglio, se afferrar volete
     A quella terra, e le avvertenze saggie
     Di Finéo rimembrate. Ercole anch’esso
     1410Pur non potè, quando in Arcadia venne
     (E il vidi io stesso), con le sue saette

  1. Var. al v. 1391. Còlti al mirar di quello strale alato.