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segreti od altro, contratti innanzi il solo proprio vescovo: libro verde. || li libbra fannu grapiri li labbra, o cu’ ha libbra ha labbra, e cui parra cu li morti sta ’mpaci cu la vivi, da’ libri si acquistano cognizioni per saper discorrere, o chi passa il tempo a studiar non ha neppure il tempo di esser cattivo nella società. || sta cosa chi vinni a lu to libbru? si dice a chi ha asserito un assurdo una bugia, o consiglia cosa disdicevole o strana. || a libbru di medicu, aperto sotto gli occhi di tutti. || libbru in frasca, non tagliato: intonso. || libbru, per l’opera scrittavi: libro. || Una delle parti in cui è divisa l’opera: libro. || Registro in cui si nota l’esito e l’introito: libro. || La riunione de’ fogliettini di carta in cui i battilori ripongono l’oro battuto: libro. || Prov. libbru sirratu nun fa letteratu, o libbra sirrati nun fannu dutturi, nè titulu po fari mastru dottu, se il libro non si studia bene, non s’impara nulla: il libro serrato non fa l’uomo letterato.
Libbruni. accr. di libbru: librone.
Libbrusu. add. Colui che ha la lebbra: lebbroso, leproso.
Liccamecci. s. m. Voce d’ingiuria a homo dappoco, vile: scalzagatto, leccapestelli.
Liccamentu. s. m. Il leccare: leccamento.
Liccapiatta, Liccapratta. s. m. Uomo vile e da nulla: leccapiatti, leccascodelle.
Liccardu. (Mal.) add. Ghiotto: leccardo.
Liccaredda. V. furmiculidda.
Liccari. v. a. Fare scorrese la lingua sopra qualche cosa: leccare. || fig. Buscare, guadagnare: leccare. || Per adulare: leccare. || liccarisi li jidita d’una cosa, quando essa piace assai: leccarsi le dita o i baffi di una cosa, succhiarsene le dita. E fari liccari li jidita, dar sommo gusto, e ironic. dar molto travaglio. || Far il damerino con una donna, ma con modi sciocchi o senza proposito: leccar da una. E l’usiamo in generale per qualunque amoreggiamento: civettare con..., ganzare, andare da una, (Fanf. Voci ecc. d. parlar fior.), amoreggiare. || T. art. Finire troppo leziosamente un lavoro. || liccarisi la sarda, per esprimere strettezza nello spendere: far il rabbattino. P. pass. liccatu: leccato.
Liccarìa. V. liccumarìa (A. V. ital. leccherìa).
Liccasapuni. s. m. Spezie di cangiaro, simile al coltello con cui i saponai pigliano il sapone.
Liccasardi. V. spilorciu.
Licca-surcu. (A. V. appena.
Liccata. s. f. L’atto di leccare: leccata. || L’amoreggiare: amoreggiamento. || una liccata, vale anche: un poco.
Liccatagghieri. (Pasq.) s. m. Ghiottone: leccatagliere.
Liccatamenti. avv. Affettatamente: leccatamente.
Liccatedda. dim. di liccata: leccatina. || Lieve amoreggiamento.
Liccatu. P. pass. da leccare: leccato. || Affettato, forbito soverchiamente: leccato.
Liccatuna. accr. di liccata.
Liccatura. s. f. la leccare: leccatura. || Donna che sta in sul civettare: civetta, civettuola.
Liccaturazzu. pegg. di liccaturi: civettone.
Liccatureddu. dim. Civettino.
Liccaturi. s. m. Vano, che va dietro le donne civettando: vagheggino, cicisbeo, ganzerino.
Liccaturuni. accr. di liccaturi: civettone.
Licchettu. s. m. Lama di ferro grossetta che impernata da un capo in una imposta, e inforcando i monachetti dell’altra serra l’uscio: saliscendo, saliscendi. || – di lignu: nòttola. || – a scoppu: paletto a molla, quello che si pone nelle finestre in alto e che si move per via d’una cordellina. || Sapore, cosa che attragga: lecchetto. || Sapore del dolce del vino: dolciore. || Guadagno buono: lecchetto (Fanf. Voce ecc. d. parlar fior.). V. catinazzeddu.
Licchiabbunnu. s. m. Goloso, ghiottone: leccone, leccugione.
Licchïari. V. liccari. || Toccar colla frusta appena i cavalli, o incitarli colla voce. || Per echeggiari. V.
Licchïata. s. f. L’azione del licchïari nel secondo §.
Licchiceddu. dim. di liccu: lecconcino.
Licchini di muntagna. s. m. T. bot. Pianta medicinale che nasce nelle campagne: lichene, licheno. Agrostommo githago.
Licchitati. V. liccumarìa.
Licchitteddu. dim. di licchettu. || Licchettino.
Licciola. s. f. Specie di pesce, forse la leccia.
Liccu. add. Ghiotto, goloso: leccardo, leccone. || Prov. cu’ è liccu s’ardi e cu’ è pappuni ciuscia, il ghiottone per troppo fretta di gola si brucia, il pappone vi soffia su per papparla a suo comodo.
Liccu. s. m. V. leccu.
Licculiddu. dim. di liccu, add.
Liccumarìa, Liccumìa. s. f. Vivanda da leccone: leccornìa. || Cosa ghiotta da leccarsene le dita: leccume, leccugio.
Liccumiari. V. liccuniari.
Liccumiedda. dim. di liccumïa.
Liccunarìa. V. liccumarìa.
Liccunazzu. pegg. di liccu: lecconaccio (Tomm. D.). || accr. di liccuni.
Liccuneddu. dim. Lecconcino. || dim. di liccuni: freghetto.
Liccuni. accr. di liccu: leccugione. || Segno che lascia la lingua o il dito in cosa leccata. || Macchia somigliante al suddetto segno: frego, sberleffe. || Leggerissima ferita: leccatura.
Liccuniari. v. intr. Trarre qualche piccolo profitto oltre al salario, per similitudine di chi lecca: leccheggiare. || Per liccari nel senso di amoreggiare. || Leccare un poco: leccucchiare.
Liccuteddu. dim. di liccutu: ghiottoncello.
Liccutu. add. Ghiotto, leccardo.
Licenza. s. f. Permesso dato dal superiore: licenza. || Arbitrio preso da chicchessia nel parlare o fare fuori della convenienza o delle regole: licenza. || Commiato: licenza. || Sfrenatezza di costumi: licenza. || L’ultimo grado accademico innanzi il dottorato: licenza. || licenza poetica, arbitrio che si piglia il poeta contro alle regale e l’uso: licenza poetica. || – pittorica, arbitrio preso dal pittore di far cose anco inverisimili: licenza pittorica. || T. mil. Permesso che si dà al soldato di andar a casa per un dato tempo: licenza.
Licenziari. V. licinziari.