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l’assedio di Riva; ma duemila soldati grigioni, partitisi dopo quindici giorni, a motivo della mancanza delle paghe o per tradimento, diedero occasione anche agli altri di ritirarsi e sciorre l’assedio. Prima però del blocco di Riva, l’esperto prelato aveva premessi all’acquisto della valle di Ledro i suoi capitani Giovanni Veinecco, Nicolò di Trautmansdorf e Gaudenzo Madruzzo con duemila pedoni; i quali in effetto se ne impadronirono li 6 aprile 1508. I Leudresi inalberarono per sette giorni il vessillo di S. Vigilio; ma poscia, vedendo il vescovo le truppe imperiali abbandonare l’assedio di Riva, credette necessario richiamare le proprie dalla suddetta valle, che i Veneti ripigliarono tosto. Del che insuperbiti, e molto più per essersi resi padroni di Trieste, Porto Naone, Gorizia e di moltissimi altri luoghi del Friuli, i Veneziani intrapresero l’assedio di Castel Pietra sotto Beseno; le di cui mura essendo state assai conquassate dalle bombarde, la terza notte, trecento soldati vescovili assaltarono con tanto impeto il campo veneto, che, ammazzati i maestri dei bombardieri e impadronitisi d’una bombarda, li obbligarono ad abbandonare la piazza. Dopo tal fatto fu conchiusa una tregua triennale tra il vescovo nostro coi consiglieri imperiali, in nome di Massimiliano I, e la Repubblica di Venezia, gli 11 di giugno di questo stesso anno, e fu sottoscritta nel monastero della Β. V. delle Grazie in Arco. Intorno ai preliminari dell’anzidetta tregua abbiamo due lettere; l’una del vescovo Giorgio al Senato Veneto, con cui gli notifica la sua nomina fatta da Cesare con altri soggetti per trattar l’armistizio, e