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cialmente di assumere un nuovo sindaco e di esibire i libri dell’estimo, che erano stati i motivi impellenti alla rivolta1.

Nel 1494, il vescovo Udalrico decretò che la città contribuisca per un terzo e i comuni esteriori per gli altri due terzi all’onorario di cento carra di vino, stabilitosi di presentare al re dei Romani. E nel detto anno, per ordine di Massimiliano e del vescovo nostro, fu ripiantato nel sito primiero, a seconda della convenzione dell’anno antecedente, un termine svelto clandestinamente dai Levicani a pregiudizio dei Perginesi, nei designati confini2. Essendo nata questione fra le comunità esteriori di qua e di là dell’Adige e gli uomini di Povo, di Vezzano, di Calavino e Lasino, in occasione delle collette straordinarie accordate al re Massimiliano e imposto anche ai chierici e ai nobili, se dovevano regolarsi secondo i fuochi fumanti ο secondo i soli descritti, il vescovo nostro decretò, che gli abitanti di quelle ville, salvi i loro privilegi, contribuiscano per quella sol volta secondo i fuochi fumanti3. Nel giugno del medesimo anno, Giorgio e Mattia, ultimi della famiglia Castrobarcense, vendettero all’imperatore Massimiliano I, pel prezzo di ducati ottomila, il castello e la giurisdizione di Nomi, feudo mensale di Trento, colle annesse prerogative; il quale dallo stesso Massimiliano nel 1499 fu trasferito in Pellegrino Bussi dei

  1. Miscellanea Alberti, Τ. VI, fol. 165.
  2. Miscell. Alberti, Τ. V, fol. 14.
  3. Miscell. Alberti, Τ. VI, fol. 161.