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cesco, come lo dimostra la vecchia iscrizione ch’era nel muro dell’orto di detto convento verso la via comune, e che ora leggesi nella facciata della cappella quivi fabbricata l’anno 1715 in onore del santo martire1. Ciò segui l’anno 1177 agli otto di Marzo; e se vogliamo seguire la traccia d’un messale antico, li 27 dello stesso mese. Il di lui corpo fu portato a Trento e posto in un’urna a mano manca della porta della cattedrale che guarda il Borgonuovo, verso meriggio. Alle sacre sue spoglie fu reso ben presto il debito culto, che crebbe a dismisura ai di nostri, a solenne confutazione del Tartarotti, che con ardita penna e mendicate congetture si studiò di abbattere la santità di Adelpreto e l’onore del suo martirio2.

I trentini e i loro collegati, sotto il comando di Federico d’Arco, vendicarono quasi tosto la morte del loro vescovo, avendo sbaragliati nei piani di Rovereto e presso Marco i Castrobarcensi e i loro fautori, e uccisine circa duemila. Degli episcopali rimasero morti 400 e feriti duecento3.

Nè qui tralasciar dobbiamo di rammentare che,

  1. Pincio, Ambrogio Franco, Bonelli, chiamano Aldrighetto l’uccisore del vescovo.
  2. Girolamo Tartarotti, roveretano, pubblicò nel 1754 una dissertazione in forma di lettera, intorno alla santità e martirio di Alberto vescovo di Trento, in cui nega si l’una che l’altro. Ne sorse una controversia acerbissima tra lui e parecchi teologhi del paese, durata sino alla sua morte e finita con una sentenza vescovile più conveniente al medio evo che al secolo XVIII.
  3. Ambrogio Franco: Storia di casa d’Arco.