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si pensò da ambe le parti alla pace, alla quale consigliavano anche il papa e l’imperatore. Essa ebbe presto il bramato effetto in Venezia, ove si raccolsero gli ambasciatori dell’arciduca, e fra questi anche il vescovo nostro Udalrico. Gli articoli di essa furono i seguenti: 1.° che fra le parti contendenti abbia luogo la primiera armonia e la dimenticanza delle ingiurie passate, anche a vantaggio di quelli, che loro prestarono ajuto; 2.° che gli eserciti, sigillata che sia la pace, vengano intieramente sodisfatti; 3.° che si riapra il commercio fra i sudditi rispettivi, come prima della rottura; 4.° che si rimettano in libertà i prigionieri fatti durante la guerra; 5.° che i beni rapiti ai negozianti veneti nelle fiere di Bolgiano ed altrove, ancora esistenti, siano restituiti, e l’equivalente dei distratti sia corrisposto nel termine di un anno, dandone l’arciduca cauzione, e lasciando in Venezia a mallevadori quattro dei suoi consiglieri, nominati nell’istrumento; 6.° che siano liberati senza alcun danno i mercanti arrestati, e ad essi venga restituita ogni cosa loro levata; 7.° che siano egualmente restituite al Dominio Veneto le miniere di Primiero ed altre occupate nel principio della guerra, assieme ai frutti indi percetti, contro però il pagamento degli operai; e così viceversa le tolte dai Veneti all’arciduca; con dichiarazione rispetto ai frutti, che, se questi esistono, entro un mese vengano corrisposti, e se fossero consumati, entro un anno, sotto la malleveria di Antonio dei Cavalli e di Giovanni Gilli, che ne assumevan l’incarico; 8.° che siano dall’una parte e dall’altra levati i sequestri dei beni e delle