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in quella camera. Partita quella gente, rimanesse in castello Giovanni Gentilini con pochi faziosi, il quale, accortosi che l’anonimo era nascosto nella suddetta camera nè potendolo avere nelle sue mani, esigesse per lui e per qualche altro dei partigiani vescovili una cauzione di cinquecento ducati; e non essendo in grado di darla, rimanesse ivi prigione. Fin qui l’anonimo colla citata sua lettera al nostro vescovo. Non abbiamo trovato carte da cui rilevare, che cosa succedesse di rimarchevole in questo riguardo. Dobbiamo però arguire che la suddetta ribellione andasse ben presto ad estinguersi; conciossiachè li 16 aprile dello stesso anno il vescovo Giovanni riconfermò alle valli di Annone e di Sole gli antichi loro privilegi, coll’aggiunta di molti capitoli da lui indirizzati a Nicolò di Firmian e ai suoi successori nel vicariato di esse1. Frattanto il castello di Corredo e le collette vescovili d’amendue le valli, esatte dal giorno dell’accennata ribellione, restarono come in deposito presso Sigismondo conte del Tirolo. Il vescovo Giovanni, con replicate umili istanze, richiese la consegna dell’uno e delle altre. Vedendo che a nulla giovavano, convocò nel 1478 il Capitolo della cattedrale, i consoli della città di Trento, i vassalli, e i rappresentanti delle signorie e delle valli del Principato; e discusso con essi il grave argomento, fu deliberato di mandare al Conte del Tirolo una solenne ambasciata per chiedergli la restituzione del castello e delle rendite suddette. Contemporaneamente l’impera-

  1. Miscellanea Alberti, T. III, fol. 192. Τ. VI, fol. 152.