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banditi, i quali commisero molte violenze e misfatti. Fra questi si segnalarono Pietro di Antonio Savi dei Bommartini coll’assassinio d’Antonio Corradini, ed alcuni giovani adescati colla promessa di cento ducati, i quali colsero in imboscata sulla pubblica via, mentre da Trento si recava al suo castello, il nobile Federico di Ossana, ed ivi barbaramente lo trucidarono. Con questo delitto finisce la relazione, che tronca abbiamo trovata nell’archivio vescovile; ove si custodisce inoltre una certa lettera anonima diretta al vescovo da Castel Corredo, colla data dei 29 maggio, giorno appunto in cui dai sollevati fu invaso. Cotesta lettera informa, che, i valligiani irritati della mancanza di parola dei commissarii vescovili, che già li aveano assicurati in Bolgiano di nominare pel dì di San Zeno un massaro, determinarono di volgersi contro Corredo e maltrattare i vicarii Calepino e Firmiano e demolire il castello. Il Firmian, avvisato di ciò, aver disposto l’occorrente per la difesa; essere sopragiunti i sediziosi in numero di circa trecento, intimando la resa, e, in caso di negativa, la distruzione totale del castello; essersi scusato Vigilio, unitamente al capitano del forte alla Rocchetta, asserendo ch’essi lo custodivano, come sostituiti da Nicolò Firmiano, in nome del vescovo e del conte del Tirolo. A tale risposta, i ribelli scaricassero le balestre contro il castello, e due di loro fossero feriti dai difensori; in vista di ciò, gli assedianti chiedessero una tregua fino al meriggio del dì successivo, onde trattare di un accomodamento; minacciando, se non fosse concessa, di rovinare il castello. Al mezzogiorno del dì