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Nano e di Enno, dell’antica prosapia Madruzzana, redense con danaro Castel Madruzzo dai nobili di Roccabruna, che a titolo di feudo lo avevano posseduto dall’anno 1380, e, lasciata la valle di Annone, si portò ad abitarlo, riassumendo il cognome di Madruzzo.

Tutto ciò che narrammo avvenne in assenza del vescovo nostro Alessandro, che soggiornava a Vienna, ove li due di giugno 1444 lasciò la spoglia mortale. Fu sepolto nella chiesa cattedrale di S. Stefano con solenni esequie, ma senza l’onore del cappello cardinalizio sul feretro (per la neutralità dei Tedeschi nello scisma); onore che non gli fu disputato mentre viveva1. In questo medesimo anno, appena saputa la morte del vescovo Alessandro, Elisabetta, vedova di Federico di Castelbarco di Gresta, come madre e tutrice di Antonio figlio ed erede, rilasciò agli uomini di Garniga tutte le daerie che annualmente erano tenuti di pagare ai signori di Castel Gresta, ai quali

    homines; illic non exaudiuntur leges inter arma. Venerunt Athesini ad tria millia hominum, et agros Tridenti vastare cœperunt. Rex auxilium Tridentinis mittere promisit, etc. (Epistolæ Pii II, cum esset in minoribus.)

  1. Intorno alle esequie del vescovo Alessandro, lo stesso Enea Silvio ci lasciò scritto l’aneddoto seguente: Quum diem illi tricesimum in templo divi Stephani canonici multique viri nobiles celebrarent, sacerdos quidam, qui sitibundus cellam vinariam Præposituræ intraverat, vidisse se Alexandrum inter dolia deambulautem asseruit, et ad Ecclesiam illico reversus, cum orantes cantilantesque adhuc comprœsbiteros invenisset: quid hic Alexandro, inquit, inferias agitis? ille in suo templo lætus agit, bibitque; vos hic siti arescitis.