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Nel 1444, Giovanni vescovo di Feltre e Belluno, luogotenente del cardinale Alessandro, ammessa la rinuncia fattagli da Pietro di Prussia, voglioso di ritornare al suo monastero, del chiericato della cappella di S. Zenone di Flavéo, unì perpetuamente esso chiericato alla parochia di S. Lorenzo di Lomaso, investendone Paolo de Fatis di Terlago, arciprete di detta chiesa, con patto che sì esso come i suoi successori mantenessero un cappellano grato a quel popolo, il quale sia tenuto a officiare in essa pieve, nella cappella di S. Zenone, e in altre della medesima arcipretura1. In quest’anno la città di Trento ottenne da Federico, conte del Tirolo, la conferma dei privilegi ad essa concessi dai suoi predecessori. Ma poche settimane dopo, cotesto medesimo duca, figlio di Federico dalla tasca vuota, morto nel 1439, fu causa che la città di Trento soggiacesse a perniciose vicende, le quali vennero anche toccate di volo in una lettera a Francesco Bossi da Enea Silvio Piccolomini (che fu poi papa col nome di Pio II) allorchè era, dal 1431 al 1439, canonico della nostra cattedrale2. La cosa passò nella seguente maniera. Federico, duca d’Austria e conte del Tirolo, defunto, come dicemmo, nel 1439, aveva lasciato dopo di sè Sigismondo, unico figlio, di dodici anni. Federico d’Austria, detto il juniore, che fu poscia eletto re dei Romani, col consenso degli Stati aveva assunta la tutela del pupillo nel 1440, con

  1. Miscellanea Alberti, T. VI, fol. 232.
  2. Bonelli. Monum. Eccl. Trid., pag. 134, col. 2.