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zione dei dubbii insorti. E mentre attendeva a tale bisogna, assistette nel mese di marzo alla pubblicazione del diploma, col quale l’imperatore Rodolfo confermò i privilegi degli Ordini della Stiria; e ad un altro relativo al cenobio della Valle di S. Caterina1. Evvi ancora una lettera dell’imperatore Rodolfo ai consoli e cittadini di Argentina, colla quale loro notifica certa sentenza profferita dai principi dell’Impero in quella nominati; fra i quali il primo è il nostro vescovo Enrico2.

L’imperatore Rodolfo, udite le giuste querimonie che il vescovo gli aveva espresse contro il conte Mainardo, citò costui a discolparsi personalmente. Venne in effetto, ed esaminata scrupolosamente ogni cosa, in vigore del primo compromesso, pronunciò Cesare l’arbitrale sua dichiarazione del tenore che segue:

I. Si conferma la pace conchiusa in Ulma con tutti gli articoli; comandandosi, che se alcuno di questi dall’uno o dall’altra parte non fosse stato adempito, si adempia senza ulteriore dilazione.

II. Di consenso del Conte, si proroga fino alla festa della Purificazione di Maria Vergine la permuta da farsi del castello di Sporo coi beni del Vescovato, come fu stabilito nel laudo di Ulma.

III. Comanda e vuole che tutti i danni cagionati dall’una all’altra parte, dopo la pace di Ulma, vengano risarciti; e che, avvenuta cotesta reintegrazione, il ve-

  1. Gentilotti, in Notis ad Ital. Sacr. Τ. V.
  2. Ughelli, op. cit. Bonelli, Monum. Eccl. Trid., pag. 70.