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Agli ultimi di luglio 1221, il vescovo Alberto investì Regenzio, figlio di Baldrico giudice di Toscolano, a titolo di feudo, di venti imperiali che si ricavavano in Ledro da un fodro di ragion vescovile1.

Il nostro vescovo è pur sottoscritto al privilegio della contea, concesso in questo medesimo anno dall’imperatore a Federico di Arco e ad Adelperio e Riprandino di lui nipoti2. Per ordine del vescovo Alberto, l’anno seguente, fu fatta la designazione o descrizione dei beni comunali della città di Trento3. Nel mese di luglio 1222, Albertino Salvagna e Archibono Garbegno di Riva rifiutarono nelle mani vescovili la loro casa e torre situate nella borgata di Riva4. Nel medesimo mese ed anno, il vescovo Alberto pose cura a ristaurare il borgo di Egna, distrutto nella sua parte più bassa dall’inondazione del fiume Adige. Affinchè gli Egnani potessero ampliarlo nella parte superiore con nuovi edificii, locò loro perpetualmente certa porzione di terreno, su cui piantare le nuove case; accordando altresì ai terrazzani d’andare liberi dal dazio delle persone e delle merci, come i cittadini di Trento e di Bolgiano5; col patto però d’un’annua contribuzione di lire seicento veronesi da esigersi nel mese di settembre. In questa occasione Nicolò da Egna ri-

  1. Miscell. Alberti, Τ. VI, fol. 195.
  2. Gentilotti, Catal. MSS, Bibl. Vindobonensis.
  3. Archivio Municipale, N.° 2570.
  4. Archivio vescovile.
  5. Codice Wanghiano, pag. 334. Bonelli, Monum. Eccl. Trid., pag. 54.