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in Roma. Mandò a dirgli Antonino che venisse al palazzo, per consegnargli il figliuolo; e l’orgoglioso sofista altra risposta non diede, se non che toccava al discepolo di andar a trovare il maestro, e non già al maestro di andare al discepolo. In somma l’essere dotto e prudente non è lo stesso: e pur troppo il sapere suol mandare de’ fumi alla testa. Si mise a ridere Antonino, e disse: Mirate che bel capriccio! A costui non è incresciuto di venir sì da lontano a Roma, ed ora gl’incresce di venir solamente dalla sua casa al palazzo. Contuttociò permise che Marco Aurelio andasse a prendere le lezioni, dove Apollonio volle, e durò fatica a contentar costui nel salario. Un saggio ancora della sua mansuetudine diede il buon Antonino nel visitar che fece la casa di Valerio Omulo1. Al vedere le belle colonne di porfido, delle quali essa era ornata, se ne maravigliò, e dimandò onde le avesse avute. Omulo, in vece di gradire la stime che facea un imperadore degli ornamenti1120 di sua casa, sgarbatamente gli rispose: In casa d’altri si ha da essere mutolo e sordo. Tanto questa impertinenza, quanto altri motti pungenti del medesimo Omulo, persona satirica e maligna, sopportò sempre con pazienza il buon imperadore Antonino, senza far valere giammai i diritti della maestà imperiale, e senza farne mai vendetta.



Anno di Cristo CXLVII. Indizione XV.
Pio papa 6.
Antonino Pio imperadore 10.


Consoli


LARGO e MESSALINO.


Cresceva ogni dì più l’affetto di Antonino Pio verso di Marco Aurelio Cesare, non solamente perchè figliuolo suo adottivo e marito di Faustina sua figlia, ma perchè scopriva in lui ben radicata la saviezza con altre virtù che insegnava[p. 504] la filosofia di quei tempi, e per le quali meritò poi di essere appellato Marco Aurelio Antonino il Filosofo. Avendogli appunto2 Faustina partorita una figliuola, cioè Lucilla, maritata poi con Lucio Commodo, o sia Lucio Vero, da che divenne Augusto, volle Antonino Pio esaltar maggiormente l’amato suo genero e figliuolo, conferendogli in questo anno la Tribunizia Podestà, l’imperio proconsolare fuori di Roma, e il diritto di far cinque relazioni in qualsivoglia senato. Pretende il padre Pagi3, che Marco Aurelio fosse in quest’anno ancora dichiarato Imperadore e Collega dell’Imperio con suo padre Antonino. Il cardinal Noris pretese di no, e par ben più sicura la di lui opinione. Il gius della quinta relazione, conferito a Marco Aurelio, non conveniva ad un imperadore, la cui autorità non era ristretta, ma si stendeva a quello che gli piaceva. Scrive inoltre Capitolino, che quel maligno uomo di Valerio Omulo, di cui poco fa si è parlato, osservata un giorno Domizia Calvilla, madre di Marco Aurelio, la quale, dopo il presente anno, venerava in un giardino la statua di Apollo, disse sotto voce ad Antonino: Colei prega ora, che tu chiuda gli occhi, e suo figliuolo sia imperadore. Non ne fece alcun caso l’imperadore; tanto era conosciuta la probità di Marco Aurelio, tanta era la modestia nel principato imperatorio; le quali ultime parole non si sa se si abbiano da riferire a Marco Aurelio, oppure ad Antonino stesso, regnante con tal moderazione, che non credeva dovergli alcuno augurare la morte. Pareva ancora che Antonino Pio portasse affetto all’altro suo figliuolo adottivo, cioè a Lucio Commodo4; ma era ben differente il calibro di questo amore. Imperciocchè finchè visse, il lasciò sempre nello stato di persona privata, senza mai conferirgli il titolo di

  1. Capitolinus, in Antonino Pio.
  2. Capitolinus, in Marco Aurel.
  3. Pagius, in Crit. Baron.
  4. Capitolinus, in Lucio Vero.