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I fratelli Bilsini tentavano di proseguire i lavori cominciati, ma era una lotta impari, come contro la forza inesorabile della morte: e della morte le cose tutte avevano la rigidezza ed il gelo. Il primo a rientrare a casa fu Osca, con un dolore al fianco che atterrì le donne. La madre corse allora a richiamare gli altri; furono accatastati nell’atrio i pali vecchi tolti alle viti, e Giovanni ed i fratelli minori cominciarono a rifarne la punta marcia. Ogni tanto uno di loro si alzava, pestava i piedi e correva al focolare per scaldarsi la punta delle dita violacee.

Lo zio Dionisio sedeva davanti al camino, coi due bambini aggrappati alle ginocchia; e pareva invero l’immagine dell’inverno che cova la lontana primavera: ogni tanto scuoteva la grande barba, dove, quando egli usciva nell’ingresso, il fiato si gelava come la nebbia sulla siepe; e pensava che, se il tempo continuava così, era inutile anche rifare la punta ai pali, poichè la vite sarebbe morta.

— Ai miei tempi, — diceva, — queste cose non succedevano, poichè si provvedeva a seppellire la vite quando ancora la terra poteva smuoversi: adesso siamo diventati poltroni e imprevidenti: si aspetta sempre