Pagina:Annalena Bilsini, di Grazia Deledda, Milano, 1927.djvu/289


— 279 —


— Perchè devo farglieli tirar fuori proprio io? Non saranno nostri lo stesso, un giorno? Io lavorerò: che altro ho da fare?

E gli parve realmente che questo fosse il suo migliore destino.

— Bravo, — approvò l’altro, e mentre col cucchiaio d’argento scavava nell’edifizio già bene intaccato del budino, tese l’orecchio alla nuova discussione intrapresa fra il dottore ed il veterinario; il quale non sapeva vivere se non per disapprovare le opinioni altrui.

Adesso si trattava di cose solide: della nuova sistemazione della proprietà delle terre; e il dottore sosteneva che i contadini stavano meglio quando queste appartenevano, ancora pochi anni or sono, ai proprietari di città che le avevano comprate a vile prezzo dai nobili decaduti e scialacquatori.

— Allora il contadino si godeva veramente, con tutta la sua numerosa famiglia, il fondo che coltivava. Non aveva responsabilità, non spese. Il padrone, che non conosceva il vero valore della sua terra, e non sapeva coltivarla per conto suo, era in un modo o nell’altro, si trattasse di mezzadria o di fitto, nelle mani del contadino.

Questi si prendeva la parte grossa e met-