Pagina:Annalena Bilsini, di Grazia Deledda, Milano, 1927.djvu/287


— 277 —

bianco femore di pollo arrosto, scuoteva la testa e stringeva le labbra invisibili: no, non lo capivano, quei signori, e d’altronde era inutile insistere: ai tempi d’oggi non si può predicare a tavola la legge di Cristo: bisogna dettarla dal pulpito, sulle folle silenziose, come si semina il grano sulla terra muta: se il seme è buono, germoglierà da sè e darà frutto.

Ed i grandi occhi di Baldo, sedutogli di fronte, che non cessavano di guardarlo e splendevano come due finestre aperte su un orizzonte infinito, gli annunziavano la buona novella: non solo, ma gliela presentavano fatta realtà, in quella mensa intorno alla quale si riuniva una famiglia onesta, già educata alla ferrea legge del bene.

E poichè Baldo gli aveva già confidato le ultime vicende accadute in casa, egli rivolse l’attenzione a Pietro, che gli sedeva accanto.

Pietro era ancora un po’ l’ombra del quadro; la sua figura scura poteva ricordare quella di Giuda, senza gli occhi che, quando egli dimenticava una sua segreta inquietudine, divenivano dolci e sognanti.

Mentre la conversazione era generale, il parroco magro gli chiese sottovoce:

— Pietro, quando ti sposi?

Dapprima Pietro si sentì tutto freddo,