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mente, e dietro il quale si nascondevano curiosi e turbati i bambini, egli saltò agile a terra e porse la mano al compagno per aiutarlo a scendere. Senza badare alla donna che li accoglieva col suo più luminoso sorriso, i due invitati cominciarono a farsi complimenti in dialetto.

— La vada avanti lei che l’è un pezzo grosso sebbene pissinin, — diceva il veterinario, spingendo il dottore per le spalle; ma questi si schermiva, affermando che il pezzo veramente grosso di detto e di fatto, era proprio il medico delle bestie.

I fratelli Bilsini, accorsi ma non con troppa furia, felici ma dignitosi, accolsero però in egual modo i due personaggi; e Giovanni presentò la madre al veterinario. Il gigante la fissò coi suoi occhi d’aquila e subito soddisfatto le mise le mani sugli omeri.

— Oh, brava. La conosco già di fama, signora Bilsini, e so che è una donna esemplare.

Nel vedere i figli sorridere, fra sarcastici e compiacenti, perchè le si dava il titolo di siòra, ella arrossì come una bambina: anche perchè l’omone, con la sua voce calda e risonante, le ricordava Urbano Giannini.

— Oh, Dio, si fa quello che si può, sior dottore mio.