Pagina:Annalena Bilsini, di Grazia Deledda, Milano, 1927.djvu/263


— 253 —

sembrò a Pietro per sfuggire alla vista di lui: e come preso da un contagio di paralisi egli si abbattè, freddo e rigido, sulla sedia dove stavano le vesti del vecchio. Intorno, tutti gli altri si davano da fare. Annalena fece sorbire un po’ di liquore all'infermo, tentò delle fregagioni, infine mandò Giovanni a chiamare il dottore; poi s’accorse dell’accasciamento di Pietro e si passò con disperazione le mani sul viso.

Egli se ne accorse e balzò in piedi, volgendosi a guardare indietro, come se qualcuno lo avesse violentemente colpito alle spalle. Poi disse, forte:

— Sì, la colpa è mia.

Vide Baldo drizzarsi come una vipera e la madre sbiancarsi in viso: allora si rimise a sedere, torvo, quasi crudele: e senza guardare nessuno, come parlando solo a sè stesso, riprese:

— La colpa è mia, e di tutti. Perchè mi si deve sempre calunniare? E perchè avete incaricato lui, disgraziato, ad incolparmi? Si aveva paura di me? Ed ecco che cosa è successo.

La madre lo afferrò per le spalle.

— Pietro, tu vaneggi. Che è successo?

Allora egli si alzò di nuovo, di nuovo si piegò sul vecchio, e col suo respiro ansante