Pagina:Annalena Bilsini, di Grazia Deledda, Milano, 1927.djvu/170


— 160 —



La raccolta del frumento fu discreta, e buona quella del granoturco e dei foraggi; ma la speranza maggiore i Bilsini la riponevano nell’uva. Intanto non smettevano un giorno di lavorare. Subito dopo la mietitura i campi furono di nuovo arati, e poichè le giornate erano calde, per non far soffrire i buoi il lavoro veniva eseguito al primo albeggiare ed anche al chiaro di luna.

Annalena non dormiva per tener desti i figliuoli, e li sorvegliava come un padrone avaro. Avevano preso, da pagare a rate, poichè adesso godevano buon credito, un paio di giovenchi che venivano anch’essi adibiti al lavoro. Erano due forti bestie bianche, angolose e levigate, che al chiarore intenso della luna d’agosto parevano di marmo. Un incanto fiabesco dava al quadro un’atmosfera di sogno: pareva che i Bilsini lavorassero sotto un impulso di sonnambulismo, e, intorno a loro, dai grilli tra le foglie alle ranocchie nel fosso, tutto tacesse per non svegliarli.

Le ombre stesse, sulla terra agitata, ni-