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Tutto era eccezionale nelle stagioni di quell’anno. La nevicata, quindi, fu lunga, intensa, e sarebbe stata dannosa per il tetto della casa Bilsini, se i giovani volonterosi non vi si fossero arrampicati, liberandolo dal grave peso.

Le strade intorno erano ostruite, e Bardo dovette tenersi il suo cestino nascosto nel pagliaio. Anche Pinòn fu bloccato dalla neve nella casa ospitale, e si rese utile con l’aiutare le donne a spaccare legna ed attingere acqua dal pozzo.

L’ingresso era diventato una vera pozzanghera, nella quale i bambini guazzavano con piacere: all’aprirsi della porta, ogni volta che qualcuno entrava od usciva, appariva nel vano come una tenda bianca ricamata e ondeggiante; anche la luce era candida, fredda, quasi lunare, e nel silenzio le voci degli uomini vibravano come anch’esse cristallizzate dal gelo. Quelli che pensavano a godersela, in casa, erano il cane ed il gatto sempre uno addosso all’altro o avvolticchiati nei loro giuochi innocenti, il merlo che dalla sua gabbia attaccata sopra il camino, illudendosi