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nile, i capelli ricciuti cinti d’un largo diadema. Essa è vestita di un chitone di stoffa fina e pieghevole con maniche, che arrivano fin alla metà del braccio, e con un largo orlo verso il collo, i lombi ricinti da un cintolo ed il collo da un monile di perle. Un largo nastro ornato in singolar maniera pende da ambedue le spalle, facendo probabilmente parte del vestito bacchico1. Ella mette la destra placidamente sulla spalla del dio, che le siede accanto, e, chinato un poco il capo come meditando seco, mira verso di lui. A sinistra di questo gruppo di mezzo si scorge un Satiro barbato e nudo, tranne che la nebride gettata in dietro sulle spalle gli pende lungo il dorso. Egli mette il piede sinistro sopra un’anfora di forma pressochè compagna a quella della nostra, e mentre col braccio destro si appoggia sul tirso, riposa commodamente sulla gamba il sinistro, col quale tiene un cantaro. Così colla chiara espressione di una attenzione fissa, tratto che è indicato specialmente mediante la bocca mezzo aperta, mira nella stessa direzione come il dio, che siede dinanzi a lui.

Ad esso corrispondendo si vede effigiato a man destra del gruppo di mezzo una figura muliebre che la corona d’ellera nei capelli e la nebride, della quale è vestita, fanno riconoscere come appartenente al tiaso di Bacco. Volta dalla parte opposta del gruppo di mezzo, ella sta ritta in piedi, e poggiata la gamba sinistra sovr’un certo rialto e le braccia incrociate sulla coscia sinistra, commodamente posata guarda, come se contemplasse qualche cosa, che accade innanzi a lei, ma che non si vede effigiata sul vaso. Accanto al Satiro si vede

  1. Simili nastri (ma, se sono riprodotti con esattezza, fatti di stoffa meno rigida e divisi da linee alla traversa in riquadri) adornano la Tiasotide sul vaso pubblicato dal Millin, peint. de vases II, tav. XLIX = gal. myth. tav. LX, n. 233.