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diamo la città sia assediata da quelli di Persia, perchè è una gentildonna la qual è di Persepoli molto bella che un figliuolo del Soldano di Babilonia vuol per moglie, ed ella non vuole acconsentire insino che non passano quattro mesi, perchè dice che ha fatto voto, poi lo torrà per marito; vi è ancora un mese da passare di questi quattro mesi; e il figliuolo del soldano la vuole per forza, ed ha giurato di farla strascinare per tutto il campo vituperosamente. — «Guerino disse come sai tu questo? — rispose: Io ed altri quattro compagni venendo dal perdono di Lamech1 capitammo in quella città, ed abbiamo inteso a dire queste cose. Seguitando la via, questi due che voi avete morti con i lor compagni, ci presero e ci hanno tenuti trenta giorni prigioni». Il Meschino ed Alessandro diedero loro licenza d’andarsene, ed essi li ringraziarono.

Partite queste genti, il Meschino ed Alessandro cavalcarono per istrani paesi, e molte volte albergavano nei boschi onde le fiere loro diedero molto da fare, e uccisero due mostri, un leone, due serpenti, due giganti grandissimi, e passarono il fiume detto Capoa, e arrivati in Comopoli ad un’osteria per albergare in questa città, due ch’erano campati dal bosco de’ venti malandrini, subito se n’andarono dal signore della città, ch’avea nome Baranif il crudele, dicendogli come due cavalieri, i quali aveano uccisi i suoi servitori, eranci venuti ed erano nella sua città nel tal albergo. Subito montò a cavallo Baranif e venne con cinquanta a cavallo a quell’albergo, facendo vista di andare a sollazzo per suo gusto. Smontato, l’oste gli fece riverenza. Il Meschino dimandò all’oste chi egli era, e quando lo seppe se gl’inchinò. Baranif dimandò chi essi erano, uno rispose che erano due Turchi di una città posta nel reame di Sanzia chiamata Antiochia. Ei gli prese per mano, fece loro gran festa e invitolli seco alla sua corte, dicendo: «Per rispetto del paese d’onde siete, io voglio che veniate alla mia corte, perchè in Sanzia erami fatto onore». Il Meschino non volea, ma tante furono le sue preghiere che vi andarono, e giunti alla corte fu data loro una stanza secondo l’usanza del paese, mostrandogli Baranif un

  1. Intende del perdono che i Maomettani vanno prendere alla Mecca.