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i difensori delle alpi 339

in fila un’altra volta, che ricomincian la salita, affettando e macinando pane placidamente per spazzare il canale cibario, che tornerà a gridar soccorso fra un’ora. — Brochi! Brochi! Brochi! — gridò improvvisamente il Rogelli, dando in una risata di cuore. — Chi è? Cos’è? — domandarono intorno. Aveva visto nell’ultimo plotone un soldato di sua conoscenza, un mangiatore famigerato, privilegiato di doppia razione e sempre rimpinzato dai compagni, e pure eternamente famelico. Ma il suo grido andò perduto nel clamore della moltitudine che dava l’ultimo saluto a Val di Stura.



I figli del Monviso, signori! — gridò uno studente. Era il battaglione Val Maira che veniva avanti; un battaglione levato nella valle di quel nome e nelle due valli di Saluzzo; i nati su


Le alpestri rocce di cui, Po, tu labi;


cresciuti lungo le umili sponde del rigagnolo che porterà all’Adriatico il tributo di dieci fiumi e di mille torrenti. Giovani di alta statura, di viso pacato e benevolo, con quell’andatura a ondate della gente avvezza a salire; soliti in buona parte di emigrare in Francia l’inverno, o di scendere al piano per le mietiture e per le vendemmie. La folla gridò: Viva val Varaita! Viva Saluzzo! — La prima compagnia ricevette una canestrata di miosotidi da un gruppo di signore saluzzesi affacciate a un terrazzo. Molti soldati avean tra la folla le loro famiglie scese dai monti per salutarli. C’eran dei nativi di Cris-