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COMMENTI. 173


ponga differenza di misero da misero, per iscorgere poi meglio chi sia più o meno da compatire. Infatti dal Trissino così vien tradotto il testo citato: Di tutti i miseri m’incresce; ma ho maggior pietà di coloro, i quali, in esilio affliggendosi, rivedono solamente in sogno la patria loro. Quindi possiamo indurci e star fermi nel credere che siasi omesso «miseris» dopo «cunctis,» se pure questa voce medesima non si è scambiata con «miseris,» qual si conviene al compimento della sentenza. Che anzi io non ebbi difficolta di scrivere «miserorum,» non tanto per ragione grammaticale, quanto per non discostarmi dalle norme che Dante stesso segue di frequente. Sopra ciò non si tralasci d’osservare che in quell’esempio singolarissimo di costruzione, addotto dall’esule Poeta, questi dimostra verso altrui quel sentimento, che bramava forse per sè da’ suoi concittadini. Ed in simile modo poi ridice altrove, anche facendosi interprete de’ suoi compagni d’esilio: «pro desiderio somniantes, inhiabamus patriæ salutem.» Veggasi l’Epistola da lui composta in nome di Alessndro Guidi da Romena, capo del Consiglio dei dodici Ghibellini stabilito in Arezzo, e indirizzata a Fra Niccolò da Prato, cardinale d’Ostia e Velletri, Paciaro in Toscana per Legazione di Benedetto XI: § 2.

34. Qui (gradus constructionum excelsus) est Dictatorum illustrium. La Traduzione del Trissino ne guiderebbe a interpretare, che siffatto grado di costruzione or fosse da notarsi nei dettati illustri, laddove l’Autore l’ascrive agl’illustri Dettatori, posti in confronto con gli altri suaccennati (lin. 26 e 30), mirando essi appunto a quell’eccelso grado, di cui parecchi già porsero notabile esempio nelle loro Canzoni. Donde inoltre tengo per certo, che quante volte nel presente Trattato occorre il vocabolo «doctores» (Vulg. El., i, 9 e segg.), debba riporsi «dictatores» come il più legittimo e confacevole all’uopo: Ep. Can., § 10.

36. Conformemente all’opinione del Dionigi, il Fraticelli asserisce che qui per Totila sia figurato Carlo di Valois. Il quale, venuto in Firenze, tuttochè concorresse molto a promnovere le sventure di Dante e della fazione de’ Bianchi, non riuscì poi ad ottenere per sè il Regno di Sicilia, vagheg-